Penisola Sorrentina

Da Garlasco a Capri, troppi casi chiusi in fretta e poi riesumati anni dopo. Errori investigativi, indagini superficiali e verità dimenticate.

 

Capri, con la sua bellezza senza tempo e le acque cristalline che incantano milioni di visitatori ogni anno, oggi si trova al centro di un enigma giudiziario che getta nuove ombre sul passato recente. Il cadavere di Luca Canfora, costumista del film Parthenope di Paolo Sorrentino, è stato riesumato dopo un anno e mezzo dalla sua morte, inizialmente archiviata come suicidio. Un caso che, all’epoca, sembrava chiuso in fretta e furia, senza quegli esami approfonditi che oggi potrebbero riscriverne la storia. Ora, con le nuove indagini, si spera di fare luce su dettagli trascurati, nella speranza che la verità emerga dalle acque che l’hanno custodita per troppo tempo.

Indagini frettolose: il problema di un sistema che corregge, ma in ritardo

Non è solo Capri a trovarsi di fronte a una verità ancora incerta. Da Garlasco ad Arce, fino a Trieste, si moltiplicano i casi in cui le indagini iniziali hanno lasciato buchi enormi, portando a errori che solo anni dopo vengono corretti. Pensiamo al caso di Serena Mollicone o di Liliana Resinovich: decisioni affrettate, ipotesi smentite da nuove perizie, famiglie che lottano per giustizia mentre il tempo scorre inesorabile. Certo, il sistema giudiziario dimostra di saper correggere i propri passi falsi, ma è la fase iniziale delle indagini che troppo spesso si rivela il vero anello debole. Ecco perché, purtroppo, troppo spesso le incertezze rimangono a lungo sospese nell’aria, fino a che non si fa un lavoro accurato, come nel caso della signora Liliana Resinovich, dove una corretta autopsia ha fatto luce sulla vera causa della sua morte finalmente. È chiaro: un’indagine mal condotta non solo mette a rischio la giustizia, ma può anche rovinare per sempre delle vite.