Penisola Sorrentina

Don Rito Maresca, parroco di Piano di Sorrento, ha condiviso la sua profonda e sentita motivazione dietro l’impegno per la Palestina e contro ogni forma di conflitto, definendo la situazione a Gaza non più una guerra, ma un “genocidio”. Un coinvolgimento nato da un confronto sincero con i giovani della sua parrocchia.

La scintilla: un dialogo con i giovani

L’idea di esporsi su un tema così delicato è emersa durante la preparazione di un campo scuola estivo per i ragazzi delle scuole superiori. Don Rito racconta di aver proposto di affrontare ciò che sta accadendo, notando un’iniziale esitazione tra i suoi animatori. “Ma noi non sappiamo bene, ma noi non conosciamo, forse è meglio non esporsi,” gli è stato risposto, con qualcuno che ha giustamente sottolineato l’esistenza di molteplici conflitti nel mondo – Ucraina, Myanmar, Sudan. “Tutte cose verissime, sacrosante,” ha ammesso il sacerdote, ma ha poi puntualizzato: “Il problema è che quello che accade a Gaza non è una guerra, non lo è più perlomeno.”

Il Corpus Domini e la presenza di Cristo nel “Corpo Spezzato”

Da questa riflessione è nata l’idea, “fuori dalle righe”, di celebrare il Corpus Domini con un messaggio potente e non convenzionale. Don Rito ha voluto ribadire che, se l’Eucaristia è la reale presenza di Gesù nel pane spezzato, allora “ovunque c’è un corpo spezzato, lì c’è il sacrificio di Gesù”. Una verità che, a suo avviso, impone di non tacere.

La scelta della “via alta”: non contro, ma a favore

Per Don Rito, prendere posizione non significa schierarsi in un conflitto complesso e antico, che va ben oltre le dinamiche attuali. “Questa bandiera non è la bandiera di Hamas,” ha chiarito, riferendosi alle accuse di aver indossato un simbolo legato all’organizzazione. “Certo, Hamas la usa, ma anche i fascisti hanno usato il tricolore. Ma mica è la bandiera dei fascisti il tricolore.”

La sfida, dunque, è prendere posizione “a favore di chi non ha più voce, a favore di disperati.” Il sacerdote ha paragonato le possibili strade che si possono percorrere nella vita al racconto del Buon Samaritano:

La via bassa, “di chi prende”: coloro che usano le bombe e manipolano l’informazione per tornaconto personale, come “qualcuno ha usato la guerra per non andare in galera”. Questi sono i “farabutti”.
La via di mezzo, “delle persone mediocri”: rappresentata dal sacerdote e dal levita che, pur vedendo l’uomo ferito, “tirano dritto” perché hanno “altri interessi” o non vogliono “sporcarsi le mani”. È la via di chi si accontenta e non vuole correre rischi.
La via alta, “di un samaritano”: l’unica strada che richiede di “pagare di persona”. Come il Samaritano, che ai tempi di Gesù era in pessimi rapporti con i Giudei (come oggi israeliani e palestinesi), ma si ferma, “ferma la sua agenda, ferma i suoi impegni e soccorre quel tale incappato nei briganti”. Il Samaritano si prende cura del ferito e si impegna a pagare per lui.

Un prezzo personale per la verità

Don Rito ha ammesso di aver “pagato di persona” in questi giorni per le sue posizioni. “Se tu prendi posizione paghi, perché se tu prendi posizione corri il rischio che qualcuno te la faccia pagare, perché se tu prendi posizione vuoi pagare per gli altri.”

Il suo non è un attacco contro gli ebrei – “sono un prete, amo la Bibbia, abbiamo fatto un progetto che si chiama Shabbat” – ma una difesa dei più deboli. “Siamo qui per difendere la povera gente in questo momento oggetto di un genocidio e in questo momento sparata… si spara sulla farina, si spara sulla gente che cerca un po’ di cibo. Questo si chiama genocidio e dobbiamo avere il coraggio di dirlo, anche se ci costa un po’.”

La presenza di Don Antonino dei Priori al suo fianco è la dimostrazione che “non è un prete pazzo”, ma che l’impegno è quello di una “comunità ecclesiale e civile di Piano di Sorrento che vuole prendere una posizione”. Un messaggio forte, intenso, che ha lasciato il pubblico con “tanto su cui riflettere”, prima di lasciare spazio alla musica.