Penisola Sorrentina

Il Vesuvio Rivelato: Musica, Natura e Cultura si Incontrano a Villa Fiorentino

Sorrento, 6 giugno 2025 – Ieri, 5 giugno, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, Villa Fiorentino ha ospitato un evento di grande risonanza culturale: la presentazione del libro “Terra e fuoco – La voce del Vesuvio tra Natura e Cultura”, a cura di Olga Laudonia e Giovanni Gugg. L’opera, prodotta e promossa dal C.M.E.A. (Centro Meridionale di Educazione Ambientale), ha esplorato il profondo e variegato rapporto tra la musica, il paesaggio vesuviano e la cultura che da esso è scaturita.

L’evento, che ha avuto inizio alle 18:30, è stato un vero e proprio viaggio attraverso le diverse dimensioni del Vesuvio, non solo come fenomeno geologico, ma come fonte inesauribile di ispirazione artistica. Come sottolineato dagli organizzatori, la relazione tra la musica e il vulcano è un “esempio affascinante di come la natura possa ispirare l’arte in modi profondamente creativi e variegati.” Artisti del calibro di Mendelssohn e Gounod, estasiati dalla vista del Vesuvio e di Sorrento dalle loro stanze d’albergo, o Čajkovskij, che visitò Pompei e salì sul vulcano, fino a Stravinskij, che dopo aver visitato Napoli scrisse il balletto “Pulcinella” con scenografie di Picasso, testimoniano la forza evocativa di questo luogo.

La serata si è aperta con i saluti istituzionali di Mario Gargiulo, Amministratore Delegato di Fondazione Sorrento, Luca Vittorio Raiola, Presidente del CMEA, e Luigi Cuomo, Direttore di Penisolaverde. Tutti hanno evidenziato l’importanza di un’iniziativa che coniuga la tutela ambientale con la valorizzazione del patrimonio culturale e artistico del territorio.

La presentazione, sapientemente moderata dal giornalista Antonino Siniscalchi, ha visto una serie di interventi stimolanti. Hanno preso la parola Antonio Maione, Alfonso Bruno e Luigi Bianco, ciascuno offrendo la propria prospettiva sul tema del libro. Gli interventi hanno spaziano dall’analisi storica e geologica del Vesuvio alla sua rappresentazione nel mondo della musica, mettendo in luce come il vulcano sia stato e continui ad essere un protagonista silente ma potente nelle narrazioni artistiche e scientifiche.

La conclusione dell’evento è stata affidata aGiovanni Gugg,  Olga Laudonia era assente per impegni universitari, che ha ripercorso le tappe fondamentali della genesi del libro e i messaggi chiave che intendono veicolare. Il loro impegno nel portare alla luce le molteplici “voci” del Vesuvio – dalle sonorità della natura a quelle create dall’uomo – è stato il fulcro di una serata che ha incantato il pubblico e rafforzato il legame indissolubile tra la terra vulcanica, la cultura e l’ambiente.

“Terra e fuoco” non è solo un libro, ma un invito a riscoprire il Vesuvio con occhi nuovi, ascoltando le sue storie e la sua musica, in un’ottica di consapevolezza e rispetto per un patrimonio che è al tempo stesso naturale e profondamente umano.

SORRENTO  05/06/2025 – Un’emozione palpabile ha pervaso la presentazione del libro “Terra e Fuoco: La Voce del Vesuvio tra Natura e Cultura”, un’opera che, come ha sottolineato il Professor Giovanni Gugg, docente e membro del Consiglio di Amministrazione del CMEA (Centro Meridionale di Educazione Ambientale), ha saputo toccare le corde più profonde dell’animo dei presenti. L’evento, reso possibile grazie al contributo di Tonino Siniscalchi e di tutti coloro che hanno creduto in questo progetto, ha offerto una prospettiva unica e multidisciplinare sul Vesuvio, non solo come fenomeno geologico, ma come vero e proprio simbolo identitario e culturale.

Il Professor Gugg, visibilmente commosso dagli interventi che lo hanno preceduto – “non è una cosa da poco” ha confessato – ha iniziato il suo discorso ponendo la domanda cardine che ha guidato la stesura del libro: “Che cos’è il paesaggio?” Una domanda quanto mai attuale, specialmente in una giornata significativa come quella odierna, dedicata all’ambiente. Dal punto di vista dell’antropologo, Gugg ha spiegato come il paesaggio sia “l’immagine del territorio modificata dagli esseri umani”, un concetto che, sebbene apparentemente squilibrato data la nostra natura invasiva, trova la sua armonia nel titolo stesso del libro: un “misto di natura e di cultura”.

Questo equilibrio tra l’elemento naturale e quello culturale è stato il filo conduttore che ha ispirato gli autori e le autrici del volume. Il Professor Gugg ha evidenziato come sia stato chiesto loro di “parlarci di musica tenendo sempre un occhio alla natura”, invitando a esplorare la “voce” e il “suono” del Vesuvio, così come la sua dimensione più intrinsecamente naturale. In questo contesto, è stato particolarmente sottolineato il contributo di Giulia Pugliese, naturalista e guida ambientale del Parco Nazionale del Vesuvio, il cui capitolo offre una “passeggiata nei boschi, nei sentieri” del vulcano, capace di trasportare il lettore direttamente in quei luoghi.

Il paesaggio, ha proseguito Gugg, è un linguaggio, una lente attraverso cui si può leggere la storia delle comunità che lo hanno abitato. Un linguaggio fatto di “traumi, guerre, catastrofi, abusi edilizi”, ma anche di “iconemi”, come teorizzato da studiosi come Emilio Sereni. Gli iconemi primari, i “topos”, sono i simboli del nostro territorio, e il Vesuvio è senza dubbio una “rockstar dei topos”, un simbolo identitario potente e inconfondibile, paragonabile al Monte Fuji per Tokyo.

Per illustrare l’importanza di questi simboli, il Professor Gugg ha evocato un episodio raccontato dal grande antropologo Ernesto De Martino nel suo libro postumo: la storia del campanile di Marcellinara. L’angoscia provata dal contadino nel perdere di vista il suo campanile, il suo “simbolo identitario”, è stata paragonata alla crisi della presenza dei cosmonauti che si staccano dalla Terra, o al senso di smarrimento dei newyorkesi il giorno dopo l’11 settembre 2001, quando lo skyline della loro città non era più lo stesso. Il paesaggio, dunque, “non è uno scherzo, è qualche cosa che ci tocca, dobbiamo difenderlo, non dobbiamo imbalsamarlo, ma lo dobbiamo rispettare”.

Il Vesuvio, questa “montagna straordinaria con una storia affascinante”, ha assunto il ruolo di un vero e proprio gigante, una “personalità storica”, soprattutto dopo l’eruzione del 16 dicembre 1631, che causò migliaia di vittime e anni di improduttività. Da quella data, il vulcano è diventato protagonista di un’“epidemia tipografica”, con innumerevoli descrizioni dell’eruzione, e in seguito di romanzi, film – dagli “Ultimi giorni di Pompei” alle versioni hollywoodiane più recenti – dove non è solo uno sfondo, ma un attore principale, persino in commedie di Totò o in storie d’amore.

Anche nella musica, come ampiamente dimostrato nel libro, il Vesuvio è un protagonista poliedrico, assumendo “tante voci”. Il Professor Gugg ha rivelato di aver incluso nel suo contributo una playlist di canzoni – dal neomelodico al rap – che, al di là dei gusti personali, offrono uno “specchio della società”, rivelando ciò che è interessante per ogni generazione.

Concludendo il suo appassionato intervento, il Professor Gugg ha rinnovato i ringraziamenti a tutti coloro che hanno reso possibile il progetto, in particolare al CMEA, al presidente Luca Vittorio Raiola, al direttore Giovanni Fiorentino e a tutto il Consiglio di Amministrazione. Un ringraziamento speciale è stato rivolto a Olga, assente ma fondamentale per aver “allargato lo sguardo, allargato le orecchie” e per aver invitato autori e autrici di grande prestigio.

Il libro ospita anche interviste rare, tra cui quelle a Eduardo Bennato, “la voce più rock”, a Dadaà, giovane e interessante cantautrice napoletana di musica elettronica, e a Fausta Vetere, definita la “regina di tutto questo”. Le sue memorie su Roberto De Simone e Marcello Colasurdo sono state un privilegio per il Professor Gugg, che ha avuto l’opportunità di entrare in contatto con lei.

“Sono molto emozionato e contento di questa serata, non potevo immaginarla più bella”, ha chiosato il Professor Gugg, lasciando ai presenti il compito di esplorare le molteplici voci del Vesuvio racchiuse tra le pagine di “Terra e Fuoco”, un’opera che invita a riflettere sul profondo legame tra l’uomo, la natura e l’identità del nostro paesaggio.

La Lezione del Professor Gugg: Un’Anima al Paesaggio Vesuviano

Villa Fiorentino, Sorrento– A margine della presentazione del libro “Terra e Fuoco: La Voce del Vesuvio tra Natura e Cultura”, abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche battuta con il Professor Giovanni Gugg, che ha appena concluso una “mini grande lezione” sul paesaggio, ricca di spunti e caratterizzazioni precise.

Lucio Esposito : Professore, la sua lezione è stata illuminante sui termini tecnici e le caratterizzazioni del paesaggio. Manca però una chiara indicazione verso la sostenibilità di questo concetto. Sono certo che la troveremo nel libro, ma potrebbe anticiparci qualcosa per i nostri lettori, giusto per completare la nostra diretta?

Prof. Giovanni Gugg: Certo, ho provato a evocarlo, ma sono d’accordo che andava esplicitato. Si tratta di avere il massimo rispetto per il paesaggio. Questo rispetto si traduce, innanzitutto, in una maggiore consapevolezza della sua storia. Il paesaggio non deve essere imbalsamato; può e deve trasformarsi, ma sempre con coerenza rispetto al suo passato. Possiamo “impacchettarlo”, come ha giustamente detto lei, ma dobbiamo lasciarlo vivere con quella coscienza che è affidata non solo agli amministratori, ma anche alla gente comune, che attraverso i propri pensieri e idee lo esprime.

Il paesaggio è un bene culturale, un bene naturalistico, un bene pubblico che appartiene a tutti noi. Tutti noi ci riflettiamo nel paesaggio; esso ci appartiene perché ci appartiene dentro. Allo stesso modo, noi apparteniamo al paesaggio. Dovremmo, quindi, sviluppare e diffondere questa consapevolezza. In questo modo, ci auguriamo che tutti lo difenderanno, lo comprenderanno, lo ascolteranno e lo interrogheranno, perché il paesaggio continua a raccontare cose, a narrare la sua storia e, di conseguenza, a farci immaginare il suo futuro.

Lucio Esposito: Queste sue parole ci lasciano molto su cui riflettere, e mi auguro lo stesso faccia il libro. Però il volume non si ferma al paesaggio in senso stretto, ma allarga a 360 gradi una lettura musicale che permette di affidargli un’anima. Questo volume, secondo me, affida un’anima al Vesuvio, richiamando il concetto dell’antica Roma. È così?

Prof. Giovanni Gugg: Sì, l’idea iniziale era proprio quella del paesaggio nella sua totalità. Esistono vari paesaggi e vari elementi al loro interno. L’elemento principale di un paesaggio è il suo topos principale. Nel nostro caso, il topos del nostro paesaggio è chiaramente il Vesuvio. Quello che io e Olga Laudonia, l’altra co-curatrice di questo volume, abbiamo voluto fare è stato ascoltare le “voci” del Vesuvio. Ovviamente, è una metafora, un espediente per dare attenzione a quelle voci che sono voci musicali. Quindi, nel libro, c’è la storia della musica colta, che arriva fino alla canzone popolare e alla canzone pop, quella più contemporanea.

Lucio Esposito: Bellissimo, bellissimo. Grazie per il tempo che ci ha dedicato, grazie per questa collaborazione e per questa visione antropologica del paesaggio, così sensibile e profonda. Grazie mille.

Prof. Giovanni Gugg: Grazie mille a tutti voi.

Luigi Bianco: Il Vesuvio tra Paura, Vita e l’Armonia Nascosta della Geologia

SORRENTO Italia – La presentazione del libro “Terra e Fuoco: La Voce del Vesuvio tra Natura e Cultura” ha ospitato un intervento appassionato e profondo di Luigi Bianco, introdotto dal moderatore Antonino Siniscalchi. Bianco, la cui vicinanza al mondo della geofisica è sottolineata dal Siniscalchi tramite un aneddoto familiare, ha offerto una prospettiva unica sul vulcano, svelando connessioni inaspettate e toccando l’anima più profonda del Vesuvio.

“Mi ha fatto scoprire un sacco di cose che sinceramente ignoravo sul Vesuvio, sia da un punto di vista musicale, che non è prettamente il mio campo, sia anche riscoprire cose che avevo letto nel corso degli studi, anche per una mia passione innata verso quella che è la storia della nostra terra,” ha esordito Bianco, esprimendo gratitudine per l’invito e l’opportunità di contribuire a questo “meraviglioso libro”.

La Paura Silente e la Vita del Vulcano

Commosso dalle parole di una canzone appena ascoltata, Bianco ha orientato il suo discorso su due concetti chiave: la paura e la vita legate al Vesuvio. La paura, un sentimento “intrinsecamente collegato” alla terra flegrea e che “riviviamo tutti i giorni nell’aria”, è una paura “dormiente” come il vulcano stesso, che riposa da 81 anni. “È una paura che rimane nelle parole, rimane nei testi, però tutto sommato, guardando il profilo del Vesuvio, ogni anno vediamo spuntare una lucetta in più,” ha notato Bianco, suggerendo un oblio crescente di fronte alla maestosità silente del vulcano. Le uniche memorie di un Vesuvio “realmente fumante” sono ormai “nei racconti dei nostri nonni o dei nostri genitori”.

Ma i vulcani non sono solo morte e catastrofi. Bianco ha sottolineato il loro ruolo fondamentale nell’aver “immesso quelli che sono gli elementi che hanno portato la terra ad essere un luogo abitabile.” Senza le eruzioni vulcaniche, la vita stessa non sarebbe possibile. Questa dualità emerge anche nella natura del Vesuvio: da un lato, una forza “distruttiva” – come dimostra Pompei – che però, a distanza di anni, restituisce un suolo incredibilmente fertile, rendendo le zone vulcaniche attraenti per l’insediamento umano e la produzione agricola d’eccellenza, come i “vini migliori”. “Da eventi catastrofici che portano la morte, spesso da quel punto in poi si riparte, e si riparte anche meglio,” ha affermato, sottolineando la resilienza della vita che rinasce dalle ceneri.

La Voce del Vesuvio: Suoni, Boati e il Silenzio Odierno

Il Vesuvio, ha proseguito Bianco, non fa rumore “da un bel po’ di tempo”. L’ultimo a testimoniare la sua voce fu Malaparte, che ne “La pelle” descrisse il Vesuvio che “urlava nella notte”, “gridava orribilmente nelle tenebre”. Questi suoni, sebbene non umani, sono espressione fisica del vulcano: “emissioni di cenere o degli scoppi che naturalmente produce.”

Un altro suono caratteristico è il boato che precede i terremoti, un “ruggito” o un “annullato” che oggi si percepisce spesso nei Campi Flegrei. Bianco, spiegando il fenomeno da un punto di vista fisico, lo ha descritto come l’onda del terremoto che, anziché propagarsi nel terreno, “a un certo punto esce e si propaga nell’aria e difatti diventa un’onda sonora e noi la percepiamo come un boato.”

Ha poi ricordato come gli abitanti di Pompei nel 79 d.C. ignorassero la natura vulcanica del Vesuvio, considerandolo una semplice montagna boscosa. Perfino Spartaco vi trovò rifugio, attratto dalla sua natura incontaminata, prima che il vulcano si manifestasse in tutta la sua pienezza. Il suono del Vesuvio, ancor prima della descrizione di Plinio, era percepibile fino a Miseno, dove Plinio il Vecchio sentì “qualcosa di diverso nell’aria”, udendo l’imminente catastrofe.

Napoli, Culla della Geologia e del Monitoraggio Vulcanico

Un punto di orgoglio per Bianco è il ruolo di Napoli nella storia delle scienze della Terra. Sebbene la geologia sia spesso “bistrattata”, Napoli “costituisce la vera e propria culla della geologia nel mondo”. William Hamilton, potenziario inglese a Napoli, è stato il “vero inventore” della geologia, il primo a comprendere la natura del Vesuvio e il bradisismo dei Campi Flegrei. Da qui, “sono nate le scienze della Terra, poi si sono sparse in tutto il mondo.”

Ma non solo la geologia. Sul Vesuvio, ha proseguito Bianco, è nata anche la geofisica e il monitoraggio vulcanico. Sotto Carlo di Borbone, nel 1737, iniziò un controllo continuo della fenomenologia vulcanica, culminato nel 1841 con la creazione dell’Osservatorio Vesuviano, inaugurato nel 1845 sotto Ferdinando II. “Siamo nella culla della geologia, siamo nella culla del monitoraggio vulcanico,” ha rimarcato Bianco, evidenziando una competenza che ci rende “fieri” e “confidenti”.

Questo non è solo “la ricompensa di quello che ci ha dato il Vesuvio sotto il profilo negativo,” ma anche il riconoscimento dei suoi aspetti positivi. La sfida, ha concluso Bianco, è “rispettarlo, lasciargli i propri spazi,” un problema non solo italiano ma globale, evidente con le eruzioni alle Canarie o alle Hawaii.

Il Respiro Musicale del Vulcano: Dati e Sensazioni

Ricollegandosi al tema del monitoraggio, Bianco ha chiuso il suo intervento con un’immagine suggestiva: quella dei tecnicismi e dei dati raccolti quotidianamente come una vera e propria “musica” del vulcano. “Le onde sismiche, come dicevo prima, sono pura proprio delle onde, quindi una volta che arrivano nell’aria anziché nel suolo diventano di per sé musica,” ha spiegato. Anche i cambiamenti del campo gravimetrico e altri segnali sono un “vero e proprio respiro, un vero e proprio battito del vulcano che quotidianamente viene misurato, viene registrato proprio come una vera e propria musica, sperando che poi non stoni mai, consapevoli che prima o poi una nota stonata arriverà e si ripartirà da zero.”

Un messaggio potente, che riconosce la forza ineluttabile della natura e l’importanza di un’attenta osservazione, quasi come un’orchestra in attesa della prossima, inevitabile, sinfonia.

“Terra e Fuoco”: La Voce del Vesuvio e l’Appello Inascoltato alla Musica Italiana

La presentazione del libro “Terra e Fuoco: La Voce del Vesuvio tra Natura e Cultura” ha visto un intervento vivace e provocatorio del musicista Alfonso Bruno, che ha acceso i riflettori su una sorprendente lacuna nel panorama musicale italiano: la quasi totale assenza di opere moderne che raccontino gli “ultimi giorni di Pompei” e gli eventi catastrofici del Vesuvio.

Bruno ha esordito sottolineando come, a dispetto dell’impatto iconografico e storico del disastro di Pompei, “non è stata rappresentata da nessuno da un punto di vista musicale moderno, non antico,” in Italia. E la sorpresa arriva proprio da oltre confine: “In realtà è stato rappresentato da una band tedesca che si chiamano Triumvirat, una band di Prog Rock, e si chiama proprio Pompei il loro disco.”

Ma non è l’unico esempio internazionale. Alfonso Bruno ha citato anche i Nova Mob, la “band super underground” di Grant Hart, batterista degli Hüsker Dü, una delle band più importanti del rock indipendente americano. Il loro disco, “The Last Day of Pompeii,” affronta proprio il tema degli eventi pompeiani. “Lo fanno i Triumvirat nel disco, si chiama proprio Pompei, se avete interesse ad andarlo ad ascoltare, racconta proprio di tutta la storia di quello che è successo,” ha ribadito Bruno, rimarcando il contrasto con la produzione italiana.

Inevitabile il riferimento ai Pink Floyd a Pompei, un’icona musicale globale. Tuttavia, Bruno ha svelato un dettaglio curioso: “Dovete sapere che è uscito la prima volta il disco quest’anno, cioè ufficialmente la EMI non aveva mai fatto un disco. Esistono versioni bootleg, io ne ho un paio, ho un dei vinili, vabbè. Non parliamo di quello, sennò faccio [sorride].” Questo aneddoto rafforza il punto sulla scarsa attenzione istituzionale italiana verso un evento di tale portata culturale e storica, nonostante la sua risonanza mondiale.

L’appello di Bruno è chiaro e diretto: “Propongo ai musicisti presenti, ma perché non lo facciamo noi una cosa sugli ultimi giorni di Pompei? Perché in Italia neanche… cioè solo i gruppi delle tammurriate, appunto, delle hanno parlato non proprio di quello, hanno parlato più dell’appartenenza, secondo me, alla terra e al vulcano, ma proprio il racconto reale di questo non è mai stato fatto da nessuno.” Una sfida lanciata alla creatività musicale italiana per recuperare un patrimonio narrativo così potente e universale.

L’intervento si è poi concluso con un momento a sorpresa. Bruno ha invitato sul palco, definendolo un “imbucato,” un musicista che si è presentato come Mister Giovanni Cinque , sebbene il suo vero nome sia Antonio. Un omaggio scherzoso ai molti “Giovanni” presenti e coinvolti nella realizzazione del libro, dal Professor Gugg al direttore Giovanni Fiorentino.

Mister Giovanni Cinque ha poi introdotto un accenno a un progetto musicale che Alfonso Bruno sta portando avanti con Giovanzo, chitarrista degli Spaccanapoli (band che ha realizzato un disco con Peter Gabriel): “Vediamo se riusciamo a portare questo progetto di canzoni antiche napoletane, ma con un media, con un fatto musicale molto più chiamiamolo moderno.” Un segnale di come il desiderio di rivitalizzare il legame tra musica, storia e territorio sia già in atto, magari proprio in risposta all’invito a dare voce musicale a Pompei e al Vesuvio.

L’intervento di Alfonso Bruno ha lasciato un interrogativo aperto e un’ispirazione per il futuro: la musica italiana saprà finalmente cogliere la sfida e raccontare, con la sua sensibilità contemporanea, l’epica e drammatica storia del Vesuvio e di Pompei?